«La vera libertà comincia all’inizio della vita, non nell’età adulta»
Maria Montessori – EDUCAZIONE PER UN MONDO NUOVO
Esiste una libertà ingannatrice che si ricerca nell’età adulta, porta con sé una specie di risentimento e per realizzarsi spintona, aggredisce l’altro e non opera in armonia e pace.
Si fa spazio quasi sempre senza attendere e porta con sé in realtà un eterno conflitto ed un combattimento che si è formato in un periodo molto lontano, all’inizio della vita.
Esiste invece un altro tipo di libertà, più consapevole, che non teme il proprio spazio ed opera con rispetto quando intercetta quello altrui, è una libertà assai più forte e stabile ed anch’essa ha radici lontane.
Ma quando si realizza la vera libertà? Maria Montessori individua l’inizio della vita come il momento nel quale la vera libertà pone le sue basi e si concretizza.
Come può un bambino molto piccolo essere libero e realizzare questo meraviglioso cammino?
Quale significato di libertà egli struttura settimana dopo settimana pur essendo molto dipendente dagli adulti?
E per quale motivo la vera libertà inizia proprio nei primi anni di vita dell’individuo per poi rendersi manifesta pienamente nell’età adulta?
La libertà all’inizio della vita
All’inizio della formazione umana, il massimo potenziale sensoriale e gli organi di movimento concorrono non solo a realizzare “la creatura nascente” che si manifesta a noi con tutti i suoi progressi, ma quel nòcciolo che l’individuo porterà in sé per tutta la vita.
La possibilità di rimanere in sintonia con questo nucleo primario permetterà sia al bambino di attingere sempre nelle fiducie, sorgenti zampillanti in tutto il periodo evolutivo, ma anche di preparare la base della vera libertà e dell’amore alla vita nell’età adulta.
Questa condizione gioverà all’adulto che troverà in sé “scintille” per operare in armonia con le più lontane fiducie e sentirsi forte, coerente e libero in un orientamento interno, che è l’ascolto di sé e la capacità di orientarsi poi nelle relazioni umane.
Una bussola interna
C’è qualcosa di specialmente unico che si prepara in ogni essere umano all’inizio della vita, una bussola interna, ricca di pulsioni che portano ad esperire l’ambiente e speciali significati che il bambino realizza mentre compie l’azione.
Suoi alleati sono il sistema sensoriale e percettivo che lo spingono, in modo sempre più progressivo, ad individuare cosa nell’ambiente può catturare il suo interesse e soddisfare così il suo bisogno di esplorazione.
La possibilità di scegliere ed agire gli rendono fiducia che l’ambiente a lui offerto è dominabile.
Mentre crea questi speciali processi, nel periodo inconscio, una “barriera” lo protegge dalle interferenze umane, facendolo divenire “impermeabile” all’ascolto dell’adulto: diviene così talmente dedito alla sua missione creativa che sembra nulla lo possa distogliere.
Questo speciale senso di libertà interiore che si delinea, tutela non solo il processo di adattamento all’ambiente attraverso il suo assorbimento, ma anche quell’intensa attività neuronale a cui il cucciolo d’uomo è esposto nei primi anni di vita.
Come l’adulto può preparare un ambiente che permetta la libera espressione del bambino
Ciò di cui ha bisogno il piccolo umano è un ambiente favorevole ad accogliere questa sua realizzazione.
L’ambiente è prima di tutto relazionale e poi funzionale/fisico, ovvero un ambiente che permetta al bambino di esprimersi attraverso il movimento guidato dai sensi. In questi spazi, relazionale e fisico, il bambino ha necessità di compiere sempre più azioni che rispondano alla sua volontà, in un tempo a sua misura, senza fretta alcuna.
La disponibilità dell’adulto ad esserci come portatore di relazione e di adattare l’ambiente in base ai progressi del piccolo, restituiranno fin da subito al bambino la fiducia che in quell’ambiente egli è voluto e che le sue spinte evolutive sono ben accolte.
Questa possibilità di espansione, libertà, trova solo limite nelle azioni volte dall’adulto alla tutela della salute e sicurezza e, se l’adulto avrà pensato anticipatamente cosa può realmente nuocere al bambino, egli avrà anche preventivamente adattato l’ambiente, al fine di minimizzare i suoi interventi ed offrirsi così più riccamente attraverso la relazione.
Il bambino allora, mentre si espande in libertà, si sente anche protetto dagli interventi della persona che ama e che percepisce come utili alla sua sicurezza.
La libertà del bambino e l’incontro dell’ “altro”
I primi mesi di vita preparano la struttura interna dell’individuo e un “Io” sempre più forte si realizza di pari passo con l’evoluzione sensomotoria: attorno all’anno e mezzo il narcisismo è al culmine ed il bambino, in linea di massima, ha acquisito la stazione eretta sicura.
Cosa avviene dunque se i suoi sensi lo conducono nello spazio di un “altro”, sia esso il fratellino grande o la mamma? Cosa fare se il bambino vuole l’oggetto che sta usando il fratellino?
Il linguaggio gestuale unito al garbo delle parole, gli faranno intendere che il fratellino deve finire ciò che stà facendo e che potrà avere l’oggetto successivamente. Il fratellino, al termine, potrà consegnare l’oggetto del desiderio, dicendo “Ho finito, lo vuoi tu?”
Anche se è possibile che questo passaggio consegni una iniziale frustrazione al piccolo, i fratellini impareranno via via il rispetto di un reciproco spazio di azione.
Impareranno a rispettare e ad esigere il rispetto, ad attendere e a prendersi un tempo per sé: impareranno che c’è uno spazio proprio ed uno altrui.
Impareranno che la propria libertà è importante come quella altrui, senza sopraffazione, ma interagendo in armonia.
L’ambiente deve quindi fornire un mediatore che tuteli questo iniziale momento di apprendimento dell’altro e spesso questi è il genitore o l’educatore, se il bambino trascorre tempo in una struttura educativa diversa dall’ambito familiare.
Uno spazio mio, uno spazio tuo
Spesso siamo noi adulti a consegnare modalità assai incerte che distolgono il bambino e non gli permettono di distinguere lo spazio proprio e quello altrui.
Quando parliamo con un altro adulto possiamo, se interrotti, dire al bambino che “non abbiamo finito” e, nel minimizzare il tempo della conversazione, giungere alla sua conclusione rivolgendoci al bambino dicendo “ho finito, cosa volevi dirmi?”
Oppure se abbiamo fra le mani un oggetto che il bambino desidera, prima di passarglielo, possiamo dirgli “ho finito, lo vuoi tu?”
Non solo poco per volta il bambino, oltre che ascoltare il proprio agire, si renderà disposto all’altro attendendo, ma lo diverrà anche nella consapevolezza dello spazio verbale, dove si concretizza un tempo di ascolto a lui dedicato ed un tempo in cui anche lui può ascoltare.
Possiamo così fin da piccoli permettere la realizzazione della vera libertà interna e porre le basi per un rispetto che non antepone la libertà individuale dinanzi a tutto, ma una forte libertà individuale che agisce in armonia con il tutto.
Sonia Zecchi, Educatrice montessoriana
Foto da Pixabay